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Intevento del Presidente del Consiglio provinciale Pagani
Intervento nel Consiglio di Lodi del 29 gennaio

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Questo consiglio provinciale è convocato in occasione della Giornata della partecipazione, voluta dai vertici dell’Unione italiana delle Province, per sottolineare il ruolo che questi enti svolgono al servizio del Paese e del suo sviluppo. Illustre ospite della serata è Ferruccio Pallavera, direttore del giornale locale “Il Cittadino”, che salutiamo e ringraziamo per la disponibilità dimostrata con la sua presenza.
Innanzitutto, sia chiaro che la seduta di questa sera non è una questione di poltrone o di potere, ma piuttosto è un’assunzione di responsabilità e una testimonianza dell’utilità, del senso e dell’importanza che hanno le province nell’ordinamento e per i territori. Uno scatto di orgoglio, certo per il ruolo che ricopriamo, ma anche soprattutto un segno di rispetto verso i cittadini che ci hanno votato e di cui siamo espressione Anche questo ha sua importanza: le Province sono un’espressione della democrazia e non un organismo tecnocratico.
Come sapete, da qualche tempo è in corso una vera e propria campagna di stampa per abolire le province dal nostro ordinamento, come se questo potesse rappresentare la panacea dei mali dell’Italia. Si vuol far credere che con questa scelta si risolverebbero tutti i problemi del riordino generale dello Stato, peraltro in parte già determinato con la riforma del titolo V della Costituzione, in larga misura ancora da attuare.
Si vuol far passare l’idea sballata che abolire le Province ridurrebbe i costi, senza considerare che sparirebbero solo gli stipendi degli amministratori, che sono ben poca cosa a fronte di quanto percepiscono i 1000 deputati e senatori e quel piccolo esercito rappresentato dai consiglieri regionali delle 20 regioni del Paese.
Ma queste sono considerazioni superficiali ed emotive, che nascono dal disappunto per il modo in cui si sta animando un dibattito poco sereno e soprattutto poco serio, velato com’è da populismo e disinformazione. Si fanno petizioni, si minaccia il non voto alle prossime elezioni provinciali, si riempiono le pagine dei giornali di dichiarazioni pro e contro l’istituzione provincia, ma non si affrontano in modo ponderato i veri nodi delle questioni
Fatte salve le legittime perplessità sul proliferare insensato di province, io credo che la loro abolizione non corrisponda affatto agli interessi del Paese e delle comunità locali.
Nella dimensione provinciale, innanzitutto, i cittadini si identificano, qualificandosi come appartenenti alla “provincia di…” , nei discorsi quotidiani è difficile sentire le persone definirsi “lombarde” o “laziali”, è molto più probabile che si dicano “lodigiani” o “romani”.
La dimensione provinciale, dunque, è la dimensione dell’identità, non una mera invenzione amministrativa. Questo, io credo, lo può testimoniare con autorevolezza anche il Direttore Pallavera, che lavora per una testata che ha fatto dell’identità lodigiana il fulcro del suo esistere, radicato sull’antica diocesi di San Bassiano.
Ma anche sotto il profilo amministrativo la provincia, quale ente intermedio tra Regione e Comune, è l’ambito ottimale per lo svolgimento di funzioni di programmazione e coordinamento su area vasta. Non a caso i grandi paesi europei, mantengono tutti, anche nel caso di un ordinamento federale (la Germania ad esempio), enti intermedi: dai dipartimenti francesi, alle contee britanniche, alle province spagnole ai Kreise tedeschi. La necessità dell’ente di programmazione su vasta area è particolarmente importante in Italia: un Paese, il nostro, che presenta una marcata polverizzazione delle amministrazioni comunali: basti pensare che su circa 5000 comuni solo 288 hanno una popolazione superiore ai 30 mila abitanti!
Proprio in relazione alla struttura del sistema comunale italiano, così articolato e composito, nasce la stringente esigenza di assicurare in ogni ambito territoriale la presenza di enti che siano in grado di assicurare la promozione dello sviluppo dei territori ed erogare servizi complessi. Ma il ruolo delle province è solo in parte collegabile all’attività sussidiaria nei confronti dei comuni: l’ente provincia è titolare di funzioni proprie che riguardano la pianificazione strategica del territorio e le sue infrastrutture, le sue reti.
Va ricordato che il sistema delle autonomie nel suo complesso investe il 65% del totale delle risorse pubbliche disponibili a livello nazionale. In questo contesto, emerge il bisogno di un ente di governo di area vasta pienamente inserito e connesso altresì al percorso di realizzazione del federalismo fiscale. Le Province non sono adeguatamente considerate all’interno di tale percorso: non hanno grandi margini di autonomia e oggi sono messe sul “banco degli imputati”, come elementi di una periferia sprecona in antagonismo ad un centro invece considerato virtuoso. E’ una visione distorta, non corrispondente alla realtà dei fatti: gli amministratori locali sono quotidianamente chiamati a rendere conto del loro operato nei confronti di territori in cui le istanze, i bisogni e le relative risposte rivestono un carattere di immediata e di precisa responsabilità.
Le Province, lo attesta una studio realizzata dal Censis, muovono l’economia dei territori. La ricerca disegna una mappa inedita del Paese da cui emerge un’ Italia eterogenea, nella quale i confini regionali non assecondano la complessità dei territori e dove invece, a segnare la vocazione socio economica sono proprio le province.
Sono stato testimone diretto dell’operato della Provincia di Lodi fin dal suo esordio e voglio dire che per il Lodigiano l’autonomia istituzionale ha significato l’ emancipazione dai rischi di marginalità rispetto al dinamismo della metropoli milanese e l’asservimento ad uno sviluppo derivante da esigenze extralocali, disordinato e di forte squilibrio della complessiva identità rurale del territorio. Qui la Provincia ha rappresentato un salto di qualità per tutto il territorio, che con l’autonomia ha scelto di essere protagonista del futuro, non smarrendo la propria identità e perseguendo una visione dello sviluppo locale in sintonia con i comuni e con tutto il sistema locale. Il Lodigiano in 15 anni di Provincia è cresciuto, per popolazione, economia e consapevolezza e tutto questo non sarebbe successo senza la nascita e il consolidamento della Provincia di Lodi, divenuta un punto di riferimento imprescindibile per tutto il territorio.
Quello che serve oggi, cari colleghi, non è l’abolizione delle province, che sarebbe un pasticcio dettato dall’onda populistica, ma un disegno organico di riorganizzazione dello Stato. Occorre in primo luogo ridefinire le funzioni fondamentali degli enti locali, con ordine e raziocinio, senza sovrapposizioni di competenze. Nella logica della razionalizzazione istituzionale, poi, vanno create le città metropolitane e va incentivato, se non proprio imposto ai comuni l’esercizio associato di certe funzioni, che in molti casi, con le risorse attuali, finanziarie e di personale, in certe realtà minuscole è quasi impossibile da realizzare. Il federalismo fiscale e la riforma del Codice delle autonomie locali sono l’occasione giusta per riannodare il rapporto tra cittadini e istituzione, tra politica e territori. E L’Italia non può permettersi di sprecarli, rinviando scelte non più dilazionabili.


Lodi, 29 gennaio 2009