Archivio Agenda Credits Siti utili Contatti Documenti News Guida UPL Chi Siamo Home
La modernizzazione del Paese passa dalle Province, non dalla loro abolizione
Intervento del Presidente della Provincia di Bergamo Valerio Bettoni

Versione stampabile Versione Stampabile
LA MODERNIZZAZIONE DEL PAESE PASSA DALLE PROVINCE NON DALLA LORO ABOLIZIONE

di Valerio Bettoni, Presidente della Provincia di Bergamo

Berlusconi, Veltroni, Casini ed altri candidati alla leadership del Paese propongono, in una campagna elettorale sempre più televisiva e propagandistica, di abolire le Province.
Li invito a venire a Bergamo, a confrontarsi con la gente vera, per vedere cosa fanno le Province e come esse siano le istituzioni democratiche più in prima linea nel risolvere le emergenze ed i ritardi del Paese, a partire dalla società e dal territorio che governano con efficacia e buone prospettive di utili risultati.
Con l’umiltà di chi è semplicemente un amministratore di una realtà locale vorrei proporre un confronto serio, responsabile, concreto su questa brutale semplificazione dell’abolizione delle Province.
Ritengo che dal rilancio del ruolo degli Enti Locali - Province in testa, e non dal loro annullamento - possano arrivare le risposte più adeguate per la necessaria modernizzazione dei territori, per riprendere la strada dello sviluppo, per la competitività internazionale di un Paese che non può arrendersi al declino e ai rifiuti. Un Paese che può rialzarsi come hanno saputo fare le imprese e i lavoratori bergamaschi.
La stessa considerazione potrebbe valere per Brescia, Como, Cremona, per tutte le Province lombarde e non, che dalla riforma del titolo V° della Costituzione hanno ricevuto funzioni e poteri per governare più efficacemente la propria terra. Meglio valutando le esigenze della propria società.
Il paradosso è che mentre da un lato si propone l’abolizione delle Province, contestualmente si dichiarano come priorità la questione delle infrastrutture, quella della riqualificazione del sistema formativo, quella della riorganizzazione dei servizi di pubblica utilità.
Sono proprio i ritardi dell’Italia su cui le Province – e, se permettete, in particolare quella di Bergamo - sono istituzionalmente impegnate, assorbendo in questo oltre l’80% delle loro risorse e delle loro energie che non sono affatto improduttive.
Le Province fanno sopratutto strade e scuole. Ma le fanno nella programmazione che valorizza le caratteristiche e le specificità territoriali, nel coordinamento con tutti i comuni e nella concertazione con tutte le parti sociali, per un progetto di sviluppo economico locale che sia credibile, partecipato e sostenibile anche nella dimensione globale.
Cosa succederebbe senza le Province, le loro competenze, le loro funzioni, le nuove responsabilità, trasferite spesso senza gli adeguati finanziamenti?
Senza la Provincia rimandiamo all’ANAS la progettazione e la gestione delle strade e delle responsabilità attorno alle grandi infrastrutture? L’adeguamento dell’A4, la Pedemontana, la Brebemi, l’Alta Velocità ferroviaria sul corridoio 5 non farebbero un passo in avanti senza il ruolo di consenso sui tracciati e di coordinamento territoriale della Provincia!
Senza la Provincia che fine farebbe l’aeroporto di Orio al Serio la cui centralità al servizio del territorio è stata tutelata e sviluppata proprio dal Patto di Sindacato degli Enti Locali bergamaschi?
Senza la Provincia che fine farebbero tutti gli investimenti per il raccordo sul territorio delle grandi opere con gli interventi per la riqualificazione complessiva della mobilità territoriale che punta ad un sistema integrato tra aria, ferro e gomma, tra aeroporto, Alta Velocità, autostrade, nuove strade provinciali, interporti e trasporto pubblico?
Senza la Provincia anche per l’organizzazione scolastica si verrebbe a ricentralizzare la scelta precedente di decentrare che è stata, invece, efficace per una maggiore autonomia e valorizzazione dell’offerta formativa più rispondente alle esigenze dell’economia e delle vocazioni locali e – fatto fondamentale – con un’accresciuta partecipazione scolastica.
Senza la Provincia si vuole riproporre un nuovo centralismo, statale o regionale, che non è in grado di comprendere i reali bisogni di oltre 1 milione di abitanti, residenti in 244 comunità di piccole e spesso piccolissime dimensioni, che non possono organizzarsi altrimenti sulle grandi questioni strutturali.
Senza la Provincia chi può riorganizzare su dimensioni ottimali di bacino i servizi di pubblica utilità come l’acqua, l’energia, il gas, la raccolta e smaltimento dei rifiuti, la tutela dell’ambiente e dell’agricoltura, la promozione del turismo e delle produzioni D.O.C?
Senza la Provincia chi può portare la banda larga in fibra ottica e la rete di moderne telecomunicazioni per una società che deve informatizzarsi più rapidamente e per le pubbliche amministrazioni che devono digitalizzarsi più efficacemente? Non certo il mercato che non reputa conveniente investire su molto del diversificato territorio bergamasco.
Senza la Provincia chi può attuare un piano territoriale di coordinamento degli investimenti, pubblici e privati, in una effettiva programmazione delle istanze e delle iniziative locali, facendo sistema con la Camera di Commercio, l’Università, la Fiera, l’Aeroporto, che è il quarto del Paese, i Consorzi settoriali, le aziende sovra comunali di servizi, le agenzie specifiche di scopo, ma anche interloquendo con i grandi soggetti promotori delle reti infrastrutturali, materiali e culturali.
Bergamo ci ha messo vent’anni a produrre consensualmente il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Ora che finalmente c’è e si può attuarlo con grandi interventi che comportano investimenti, pubblici e privati, quali mai si sono registrati nella nostra storia, cosa facciamo?Fermiamo tutto e ricominciamo da capo? Quale altro strumento, quali altre funzioni e quali altre competenze potranno operare per la pianificazione territoriale e la gestione dello sviluppo possibile?
Senza la Provincia chi può attuare politiche attive del lavoro, che per accompagnare le trasformazioni produttive e la competitività delle imprese devono saper capillarmente rispondere alle diversificate esigenze aziendali, alle vocazioni da particolare distretto industriale, con una riorganizzazione della formazione professionale e dei centri per l’impiego indispensabile per un’economia in rapida evoluzione che richiede un aggiornamento continuo?
Senza la Provincia chi può sostenere la vivacità di una società civile in forte ripresa anche sul piano culturale e della partecipazione a tutto ciò che è ricerca di una migliore qualità della vita, come dimostrano i successi dei poli per l’innovazione tecnologica, di Bergamo- Scienza, dei grandi eventi culturali, della pratica sportiva diffusa, della riconsiderazione dell’ambiente, del volontariato che è una grande risorsa della nostra terra. Sono tutte nuove energie e nuove disponibilità che richiedono un livello più alto di raccordo dalla dimensione comunale affinché i positivi andamenti economici che si registrano a Bergamo si riflettano in una qualità più alta del modo di vivere della società nelle sue diverse articolazioni ed attese.
Con la Provincia e la sua capacità di fare sistema con le istituzioni nazionali ed europee molto si è messo in movimento a Bergamo: l’economia tiene bene pur nelle mutate condizioni di competizione globale, la società è in risveglio con una vivacità culturale di larghi orizzonti, i progetti di modernizzazione infrastrutturale avanzano in una intensità che sta al passo in Europa.
Ora che vediamo che un grande disegno di innovazione si sta realizzando, ci viene proposto di essere aboliti come se fossimo stati su “Scherzi a parte”, con la sgradevole sensazione di parlare delle Province senza sapere che cosa esse fanno nei nuovi ruoli e nelle nuove competenze recentemente attribuite.
C’è il rischio di una grande confusione e soprattutto di una pericolosa inversione di tendenza nel ruolo e nelle funzioni delle Autonomie Locali, già strette in logiche di neocentralismo finanziario –vedi le ultime leggi finanziarie ben lontane dal federalismo fiscale da tutti proclamato- ed ora messe in discussione non solo nelle rappresentanze democratiche di partecipazione ma anche nei progetti concreti ed utili che hanno saputo proporre ed avviare sul territorio.
Se si vogliono ridurre i costi della politica, tagliare i rami secchi o i doppioni di Pubbliche Amministrazioni siamo ben d’accordo; ma teniamo anche conto che un intero Consiglio Provinciale ed un intera Giunta Provinciale “costano meno” dei parlamentari che quella provincia manda a Roma. Sono pur sempre i bergamaschi che pagano con le tasse i costi anche della loro Provincia, oltre che quelli, ben più pesanti, di uno Stato, ben più lontano: possono quindi meglio giudicare quali siano i livelli di decisione più efficienti, più utili, più efficaci, più economici.
Così pure possiamo convenire che talune esagerazioni si sono prodotte nella creazione di nuove Province che insistono su estensioni territoriali e numero di cittadini amministrati che non richiedono istituzioni complesse come quelle che esercitano le nuove funzioni di governo di area vasta. Ben otto Province in Sardegna governano lo stesso numero di abitanti amministrati dalla sola Provincia di Bergamo e non è il solo esempio in Italia.
E’ però inaccettabile la generalizzazione ed estendere a tutte le Province, anche quelle che funzionano ed operano efficacemente nella programmazione territoriale di sistema, un superficiale ed affrettato giudizio di inutilità, smentendo il cambiamento costituzionale prodotto nel 2001 - solo sette anni fa– che attribuisce a Comuni e Province pari dignità con lo Stato nel governo del proprio territorio.
Non si può cambiare la Costituzione ad ogni campagna elettorale, vanificando con continui ripensamenti un percorso su cui l’intero Paese si è indirizzato, facendo delle Province un presidio fondamentale della Repubblica delle Autonomie.
Temo anche che dietro queste proposte di semplificazione neocentralista si celi un tentativo di autoritarismo verticistico per ridurre gli spazi di partecipazione democratica, senza la fatica del confronto con le Autonomie Locali esaltate a parole ma compresse nei fatti.
In Lombardia la laboriosità di una miriade di piccole e medie imprese si misura con la capacità delle istituzioni locali di modernizzare le infrastrutture, i servizi di pubblica utilità, le reti, materiali e non, gli interventi su tutto quello che serve per fare sistema e recuperare efficienza e competitività, intervenendo anche su molti fattori che definiscono i costi produttivi delle imprese.
Siamo tutti sensibili alla riduzione della spesa pubblica e agli sprechi della politica, per poter ridurre anche la pressione fiscale ma le Province lombarde, unitamente ad altre, non sono un costo inutile, sono spesso il motore dello sviluppo della società. La Provincia nel suo ruolo di governo di area vasta è l’unica istituzione che può individuare in modo strategico gli obiettivi da perseguire per una politica che pensi al futuro, dando una visione di prospettiva degli interessi del territorio a tutti i soggetti che vi operano, pubblici e privati, che possono essere protagonisti nella pianificazione e programmazione strategica delle iniziative per le nuove generazioni: infrastrutture, istruzione, lavoro, formazione professionale, sviluppo delle risorse locali, tutela dell’ambiente e delle originalità locali.
Sarebbe davvero un grave errore ed un grande spreco di risorse rimettere in discussione il progetto di complessiva modernizzazione che la Provincia di Bergamo ha saputo assumere insieme agli operatori economici più responsabili ed avveduti, proprio nel momento in cui questo programma si sta realizzando in opere, riforme, strutture innovative ingenti, investimenti di risorse pubbliche e private.


Bergamo, 7 aprile 2008